Personaggi dello sport: Gigi Riva "Rombo di tuono
"Il tempo che passa non cancella i ricordi, li rende più dolci. Leader vero, in campo e fuori, abituato a parlare con i fatti e con l'esempio: a chent'annos (a cent'anni in sardo, ndr ) Rombo di Tuono. E' sardo dall'estate del 1963, anno del trasferimento dal Legnano al Cagliari. Anche per questo, il compleanno di Gigi Riva nell'isola è quasi una festa nazionale: non c'è nessuno che dimentica la data del 7 novembre. Lui è l'unico vero "undici" della storia rossoblù: la casacca è stata ritirata dodici anni fa. L'ultimo a indossarla era stata un mancino come lui, Rocco Sabato .
Uno dei più bei gol di Gigi Riva
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Allergico alle celebrazioni, a proposito auguri vivissimi Gigi c'è da scommetterci celebrerà il suo compleanno fra pochi giorni il 7 Novembre con il solito minestrone di verdure da Giacomo il suo Angelo custode di Cagliari che lo protegge come una chioccia e gli lascia sempre libero il tavolino d'angolo nel suo ristorante di fronte al porto. Settantaquattro anni anni vissuti da "Ommine balente" Gigi e per noi sportivi di ogni fede il giorno del tuo compleanno è un giorno di festa. Mi regalo il privilegio di farti pervenire dal "Blog" gli auguri di milioni di tuoi tifosi sparsi nel mondo. Gigi Riva irruppe nella mia vita di sportivo, potrei dire, come un "Rombo di tuono" sul lungomare di Viale Trieste a Pesaro dove con la famiglia ero andato per vedere la semifinale dei mondiali del 1970 Italia - Germania. Fu una attrazione fatale e compresi meglio il motivo per cui "l'aedo brianzolo" il compianto Gianni Brera, dopo averlo bocciato come giocatore incompleto, nel'65 osservandolo, giovanissimo in azzurro, contro la Francia, cinque anni dopo, si rimangiò quel giudizio affrettato. Fu in occasione del 3-1 con cui il Cagliari asfaltò l'Inter a San Siro che udito il rumore del piede sinistro di Riva nell'impatto col pallone, sonante e secco, lo associò al "Rombo di tuono"e così nacque la leggenda di "Gigggirriva"l'eroe della Sardegna tutta, e ovviamente del sottoscritto Marcello Spadola. Irruppe nella mia vita di sportivo, dicevo, e riuscì a mettere in crisi la mia, invero mai minacciata, assoluta fedeltà ai colori e valori bianconeri. Questo perchè il carisma con cui Gigi riuscì a conquistare il diffidente, almeno in prima battuta, popolo sardo affonda le sue radici in questa espressione che è spesa solo per un uomo valoroso, coraggioso, orgoglioso."Ommine balente" E' il complimento più bello sull'Isola. All'inizio l'avevano accolto con fredda diffidenza, i tifosi del Cagliari in quell'estate del 1963 peraltro contraccambiati. "Qui rimango un anno poi me ne torno a casa" confidò in uno dei suoi rari attimi di confidenza. Non se n'è andato più e Cagliari anni fa gli ha offerto la cittadinanza onoraria. L'"Arrogadottu" il rompitutto è l'altro soprannome che i tifosi cagliaritani abbagliati dalle prime prodezze balistiche sull'erba ingiallita del glorioso stadio "Amsicora"coniarono per lui. Non ancora ventenne, secco secco, chiuso a riccio quel ragazzo, leggo, aveva osato sfilare la maglia numero 11 all'idolo locale Tonino Congiu, ma, due gol segnati al Napoli in serie B cambiarono tutto e la gente smise di guardarlo con sospetto.
Chi lo ha conosciuto sul campo e fuori ha solo parole positive per un uomo che ha scritto pagine importanti della storia del calcio.Alcuni cenni della sua sua biografia mi aiutano a conoscerlo meglio.Leggo : Nato a Leggiuno il 7 novembre 1944, Gigi Riva miglior marcatore della storia della Nazionale (35 gol in 42 partite), ha vinto il Campionato Europeo nel 1968 in finale contro la Jugoslavia a Roma (giocando solo la ripetizione della finale e segnando il gol del momentaneo 1-0). Nel 1970 ha raggiunto il secondo posto nell’ultima edizione della Coppa Rimet (poi Coppa del Mondo), perdendo la finale contro il Brasile più forte della storia. Ha condotto il Cagliari alla vittoria del suo unico campionato (1969-1970), vincendo per tre volte il titolo di capocannoniere della Serie A. Nel 2011 è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano nella categoria ‘Veterano italiano’.
Cagliari Campione d'Italia |
Un mito non solo in Sardegna. Da una speciale intervista a L'Unione Sarda: "Io, sardo per sempre" riprendo:
Cosa ti ha dato il calcio? - «Il calcio a me ha dato un po' tutto. E non mi ha tolto niente. A parte la sofferenza per gli infortuni». E quale fu il segreto di quel Cagliari che vinse lo scudetto
- «Nessun segreto, eravamo forti, ti devo dire. Ma proprio forti. L'anno prima arrivammo secondi. L'anno dopo eravamo in testa, cinque punti di vantaggio sull'Inter. L'ultima partita che ho fatto prima di farmi male a Vienna con la Nazionale fu proprio con l'Inter a Milano. Vincemmo tre a uno. Poi purtroppo quell'infortunio contro l'Austria. Frattura del perone, tutta la caviglia sfasciata».
" Manlio Scopigno? "
- «Ha saputo prendermi. Ricordo un discorso che mi fece: io sono il tuo allenatore, certo, ma sono anche un tuo amico. Se hai problemi, era il senso, e vuoi confidarti con qualcuno, se vuoi parlarne, io ci sono».
"Andrea Arrica ? "
-.«È stato un po' il mio scopritore. Anzi, a dire la verità quando sono arrivato, nessuno m'aveva preso… Tutti si rifiutavano di prendersi la responsabilità di avermi portato a Cagliari. A ripensarci, non avevano tutti i torti. Pesavo 67 chili, ero magro, secco, giovane. Anzi, un bambino. Nell’immaginario collettivo il tuo gol più bello è quello di Vicenza ?
-«L’hai detto tu. Quello».
Un ricordo felice ?
- «Penso alla promozione in A, anche perché finalmente han fatto il campo in erba, all’Amsicora. E quando cadevi non ti tirava via mezzo etto di carne dalle gambe».
Il momento più triste ?
- «L’infortunio di Vienna. Alla fine del 1970».
Si dice che i sardi siano un po’ chiusi. Come Riva.?
- «Sì, può essere che io un pochino lo sia. Però quando vado in giro mi fa piacere il contatto umano. E i cagliaritani, i miei concittadini, lo sanno»..
E mamma che diceva?
- Magari “non andare a giocare a pallone che ti rovini le ginocchia!”.
«No, che ti rovini le scarpe e te ne devo comprare un altro paio! Pensa che io per andare a messa, e la chiesa era un po’ lontana, pigliavo un barattolo e lo lasciavo fuori. Finita la messa, tornavo a casa usando quel barattolo come se fosse un pallone. Povere scarpe...».
Se potessi riprogrammare la tua vita, rifaresti tutto?
- «Non cambierei tanto. Ecco, non andrei a Vienna...»
"Se potessi tornare indietro e riscrivere la mia storia, farei in modo che mamma e papà rivivessero per vedere la strada che ho fatto". I genitori di Gigi son infatti morti precocemente, a nove anni addio a papà a sedici alla mamma. Quell'infanzia mai vissuta è rimasto il conflitto irrisolto,potrei dire, giù nei meandri profondi dell'anima dove Gigi nasconde le gemme opache di una vita che gli ha dato tantissimo e gli ha tolto tutto prima ancora che lui spiccasse il volo..
Riva la riempì anche fuori dal pallone la sua vita .C'è l'incontro con Fabrizio De Andrè, sardo d'adozione come lui e di cui aveva tutti i primi 33 giri che ascoltava con ammirazione.La corrispondenza con Graziano Mesina, il bandito latitante, orgoglioso di scambiarsi pensieri con Gigi, E' stato tredici anni team manager della Nazionale, nel Mondiale vinto in Germania in cui c'è il suo timbro inconfondibile.Una mano Santa, la sua, in tante occasioni . Nel 2013 l'addio. L'agguato tesogli della depressione spense anche il Rombo di tuono che fece tremare di gioia e di orgoglio la Sardegna e l'Italia intera.
Nei cinquant'anni,rimasti in Sardegna,Gigi Riva, posso concludere, è rimasto coerente con se stesso e fedele ai suoi colori e al suo popolo d'adozione. Il gran rifiuto alla Juventus che aveva offerto un miliardo e nove giocatori al Cagliari pur di portarselo a Torino ne è la cartina di tornasole. Riva rinunciò, non volle dare un dolore alla sua gente e a quel popolo umile ma orgoglioso di cui era diventato simbolo.
Marcello Spadola
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