Personaggi in controluce; Kobe Bryant "Legends never die"
Kobe Bryant la leggenda del basket e dello sport mondiale |
Kobe Bryant e sua figlia Gigi |
Perché davvero, come si fa? Kobe Bryant ha rappresentato talmente tanto per ciascun appassionato di sport di questo pianeta da rendere soverchiante la quantità di ricordi che è stata riversata su Internet alla notizia della sua tragica morte, sia da chi lo ha conosciuto che da chi lo ha solo osservato dal televisore Forse non esiste un modo davvero adeguato per rendere onore a una figura gigantesca come quella di Kobe Bryant, perché cercare di tratteggiarne i contorni usando parole che provino anche a dare un senso alla sua tragica fine è umanamente impossibile. Ogni parola, d’altronde, ogni ricordo, ogni riflessione è destinata a perdersi nei rivoli dei fiumi di altre parole, ricordi, riflessioni. Ognuno ha avuto e conserverà per sempre il proprio Kobe: campione amato e odiato in pari misura, icona di stile e etica lavorativa, personaggio controverso dentro e soprattutto fuori dal campo. C’è il Kobe che impara a tirare con la mano sinistra quando si frattura quella destra, quello che testa la cognizione tattica dei compagni di squadra durante i timeout o che alle Olimpiadi di Londra, quando è il più vecchio della compagnia, li raggiunge per colazione dopo aver già sudato in due ore di allenamento individuale. C’è il Kobe che dopo il quarto anello conquistato passa l’estate con Hakeem Olajuwon a perfezionare il suo repertorio in post basso o quello che sostiene d’aver imparato a orecchio ’Sonata al chiaro di luna’ di Beethoven. C’è il Kobe che a bordo campo dispensa consigli su tagli backdoor e uscite dai blocchi alle figlie e quello che senza alcun imbarazzo coltiva il suo enorme ego anche dopo il ritiro. per riassumere l’essenza di quello che Kobe ha significato può essere utile prendere a prestito le parole di un altro Hall of Famer come Steve Nash, suo compagno di squadra in un momento poco felice per entrambi, che proprio dal palco del Naismith Memorial chiudeva così il suo breve discorso 1you’ll never feel more alive than when you give something everything you have».E questa è forse la vera eredità di Kobe: un lascito che va oltre le vittorie, i canestri decisivi e i record personali. L’impulso a dedicarsi a qualcosa con una devozione assoluta, sopportando il peso, il dolore che deriva da una tale abnegazione e affrontando il rischio di ritrovarsi dalla parte sbagliata della narrazione. Che si tratti di giocare a pallacanestro o di suonare il pianoforte importa poco: ciò che importa è che Kobe Bryant continuerà a rappresentare una fonte d’ispirazione per chiunque intenda offrirsi anima e corpo alla propria passione.Kobe Bryant ha rappresentato così tanto per così tante persone da rendersi intimo con tutti. Non c’è persona che ieri non abbia provato la sensazione di aver perso qualcuno di caro, di qualcuno che c’è sempre stato e che — si pensava — ci sarebbe stato sempre. Anche se non era più in campo, anche se non era più così coinvolto con i Lakers, la sua presenza nelle nostre vite era tangibile, vicina, reale. Ora non c’è più, e ci ritroviamo tutti insieme a provare un senso di smarrimento a cui non riusciamo a dare un senso.
fonti varie
Marcello Spadola
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