Personaggi dello sport: Novak Djokovic

Pur non essendo il più amato, Novak Djokovic ha battuto Nadal al Roland Garros ha vinto tutti i Master 1000, ha sconfitto tre volte su tre Federer in finale a Wimbledon ed è avanti contro entrambi negli scontri diretti (28-26 con il maiorchino e 26-22 con lo svizzero). Se è riuscito a superare i rivali di sempre nelle loro terre di conquista, di sicuro ha fatto breccia nell'olimpo del tennis. E poco importa se non farà breccia nel cuore dei tifosi: oggi è il numero 1 e, forte di 16 Slam in bacheca, sembra indicare con un solo gesto la sua voglia di raggiungere e scavalcare coloro che, insieme a lui, stanno riscrivendo la storia di questo sport. Bello e crudele come nessun altro sport, il tennis è prima di tutto una questione mentale: una battaglia contro l'avversario, una guerra contro se stessi. 8-7, 40-15, due match-point Federer. Impossibile non partire da qui. Lo svizzero è a un quindici, un solo quindici, dal diventare campione di Wimbledon per la nona volta, dal conquistare il 21° Slam, dal realizzare la più grande impresa della sua immensa carriera a quasi 38 anni: battere Nadal e Djokovic nello stesso major per la prima volta. Roba da fantascienza Svaniscono in un amen quei due championship points ed è proprio il Djoker a spiegarci, in conferenza stampa, cosa passa per la testa di un fenomeno sull'orlo del baratro:Due match-point condannano Federer, ma anche tre tie-break.
Djokovic è il primo tennista nella storia a vincere tre tie-break nella finale di Wimbledon. Ancora una volta sono i momenti più importanti quelli che esaltano la testa del campione. Non può esserci sceneggiatura più crudele di una finale durata 4 ore e 57 minuti - la più lunga nella storia del torneo - che viene decisa dal primo tie-break giocato nel set decisivo ai Championships. Per intenderci, ci è voluto il 256esimo match di singolare a battezzare la nuova regola di quest'anno.



Novak Djokovic alle prese col rituale bacio al trofeo

" E' stato il match mentalmente più impegnativo della mia carriera. Il match fisicamente più impegnativo è stata la finale contro Nadal, in Australia, lunga quasi 6 ore (Australian Open 2012, ndr). Ma questo mentalmente è stato di un altro livello. Sono stato a un punto dal perdere la partita. Anche agli US Open avevo salvato due match-point contro di lui... In quei momenti cerco solo di non perdere la fiducia in me stesso, di stare calmo, di cercare di tirare la pallina di là, di rispondere in campo"
" Ho cercato di giocare la partita nella mia mente prima di scendere in campo. Mi sono preparato per i possibili scenari e ho sempre cercato di immaginarmi vincitore. Tutto dipende dalla forza di volontà, dalla forza che acquisisci non tanto dal fisico, ma dalla testa. Per me è una continua battaglia interiore, una questione di stabilità. Nei momenti più difficili devi ricordarti che sei lì per un motivo e che sei più forte del tuo avversario"








Solo il tempo ci dirà se la finale di Wimbledon 2019 sia stata, per qualità, intensità e livello di gioco, la più bella partita di tennis degli ultimi decenni. A vincere è stato Novak Djokovic che ha avuto il merito di giocare in modo impeccabile i primi due tie break, poi di piazzare una buona risposta e un ottimo passante sui due match point in favore dello svizzero e infine di dominare, sul 12 pari, il primo tie break del quinto set nella storia di Wimbledon. Il resto è stato gran parte nelle mani di Federer che ha avuto tutte le statistiche migliori di Djokovic (dal servizio, alla risposta, alle palle break, ai vincenti, ai punti complessivi e ai game vinti), ma che non è riuscito a vincere nessuna delle 7 palle chiave del match: l’unica palla break del primo set, il punto quando era avanti 5-3 nel tie break del primo set, il set point del terzo set, i due match point sull’8-7 del quinto e le 2 palle break per tornare a servire avanti 12-11 al quinto.


Novak Djokevic con Simona Halep vincitori di Wimbledon 2019


Novak Djokovic nasce a Belgrado il 22 maggio 1987 e Novak Đoković incomincia ad appassionarsi al tennis a sei anni quando, davanti alla pizzeria dei suoi genitori nella località sciistica di Kopaonik, vede costruire dei campi da tennis. Dopo la costruzione dei campi, giunge a Kopaonik come allenatrice Jelena Genčić, un'ex tennista professionista e scopritrice del talento di Monica Seles. Novak, spesso, si posiziona davanti alla recinzione dei campi e osserva gli allievi allenarsi. Dopo alcuni giorni, l'allenatrice Jelena Genčić gli chiede se vuole giocare e Novak accetta. Il giorno seguente, si presenta sul campo da tennis con il borsone pieno di tutto il materiale degno di un professionista. Dopo qualche allenamento, Genčić si rende conto che Đoković è un “bambino prodigio” e comincia a farlo allenare ogni giorno dopo scuola per rendere naturali i suoi movimenti tennistici. Jelena Genčić non lo allena solo nel tennis, ma gli fornisce una vera e propria educazione intellettuale. Nonostante Belgrado sia continuamente bombardata dalla NATO per la guerra civile in Jugoslavia, Novak non si rassegna e continua gli allenamenti con Jelena Genčić nelle zone che saranno bombardate due volte nell'arco della stessa giornata. Insieme con i suoi amici, si allena anche al tennis club del Partizan, considerato da tutti una “via di fuga”. All'età di 14 anni Novak gioca la Coppa Davis Junior per la Jugoslavia, vincendo il suo match di singolare; durante la sua carriera fra gli juniores, ottiene un bilancio di 40 vittorie e 11 sconfitte, raggiungendo un best ranking al n. 24 e arrivando alle semifinali degli Australian Open junior del 2004. La sua ascesa è vertiginosa e in non molto tempo raggiunge la vetta diventando il numero 1 al mondo.
fonti varie
Marcello Spadola

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